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livide dell infermo per accertarsi se ne uscisse davvero
un poco di fiato. L infermo respirava, e aprì gli occhi
trasognati, ma le membra restarono irrigidite. La prima
cosa ch egli domandò e che la signora Carlina comprese
più dal moto della bocca che non dal suono della parola,
fu questa: Il mio Cristo, il mio Crocifisso . Lo aveva-
no trovato infatti, adagiato accuratamente sopra il far-
dello nell oratorio, e lo avevano recato in camera. La si-
gnora Carlina, alzandosi in punta di piedi, mise la
estremità del braccio inferiore della croce sul cassettone
e appoggiò il Cristo alla parete, dritto, in faccia alla te-
stiera del letto, sicché il prete, senza muovere il capo, lo
potesse guardare. La croce spiccava negra sulla tinta
chiara e tersa del muro, in mezzo a due litografie colora-
te, chiuse tra filetti d oro, l una delle quali figurava Pao-
Letteratura italiana Einaudi 47
Camillo Boito - Senso
lo e Virginia al guado, l altra la morte della fanciulla e
l amante che se ne dispera.
Il Cristo sanguinoso e sconquassato sembrava più ter-
ribile che mai nella pulitezza linda e leggiadra della ca-
mera, dove non c era una macchia od un granello di pol-
vere: le tende di bucato a bei fiorami inamidate, i parati
del letto bianchi a disegni di rilievo e a merletti usciti
dalle dita sapienti della padrona di casa, e ricami a lane
di ogni colore sulle poltrone e sulle seggiole, e fiocchi e
nappe e passamani condotti da lei pensando, sognando
un paradiso ingenuo, modesto, virtuoso, nel quale vaga-
va da un po di tempo questo desiderio indistinto, che il
suo Amilcare somigliasse al suo buon Don Giuseppe.
Don Giuseppe, che non fissava più il Cristo, aveva
mutato faccia: sembrava spaventato e nello stesso tempo
attratto da una visione; sbarrava gli occhi verso il soffitto
per vedere meglio, e apriva la bocca sporgendo le labbra
come per aspirare qualcosa. Bisbigliava con la voce esile,
ma ora piena di terrori, ora piena di esaltamenti: Vade
retro, Satana. Lucifero. Bella, bionda e infame, la tua
mano è una tenaglia rovente. Nascondi il piede ed il se-
no. Taci... Don Giuseppe il tuo amore, voglio il tuo
amore; sono la tua schiava; un bacio... Indietro, Lucife-
ro. No, vieni, vieni, tentatrice, in mezzo alle fiamme; ti
abbraccio. Dammi le labbra, lasciamele succhiare; vo-
glio vedere se le hai colorite di rosso. Guardami con i
tuoi occhi celesti; lasciami esaminare quei lividori lì sot-
to se sono l opera del pennello o l opera della lussuria.
Sozza e santa, i tuoi capelli brillano di raggi d oro, più
lucenti d un aureola, più splendenti di un nimbo. Copri-
ti, per carità. Non posso fissare gli occhi nel tuo collo,
nel tuo petto: come i ghiacciai sugli alti vertici delle mie
montagne quando il sole di mezzodì li illumina in un
caldo giorno di estate, il tuo collo ed il tuo petto mi ac-
cecano. Ahi, non istringermi tanto con quelle tue brac-
cia morbide e rosee, che mi fai male. Sì, stringi, soffoca-
Letteratura italiana Einaudi 48
Camillo Boito - Senso
mi, stritolami, fa presto: vedi le fiamme che guizzano
intorno a noi e già ci ardono i piedi, le gambe, il cuore,
la testa...
La signora Carlina ascoltava con l orecchio teso; ave-
va le guance rosse di vergogna e gli occhi pieni di lagri-
me. Ripeteva: Anche lui, anche lui! e si copriva la
faccia con le due mani. A troncare il vaneggiamento che
le straziava l anima, alzò il capo del prete, volgendolo
dalla parte del Crocifisso, e gridò: Guardi, Don Giu-
seppe, il suo Cristo . Gli occhi del delirante caddero
sulla croce, e a poco a poco una influenza benefica agì
dentro di lui; si andò calmando; le labbra cominciarono
a biascicar preghiere; il viso bianco si rasserenava, ri-
prendeva la sua tranquilla, dolce, innocente, quasi ete-
rea espressione; e la signora Carlina, riconfortata, escla-
mava: Così siete bello, mio buon Don Giuseppe:
adesso il cielo vi si specchia nel volto ; e il prete respi-
rava più libero, e già poteva stringere con la propria ma-
no la mano della ingenua infermiera. Lenta lenta, ella
avvicinò la sua bocca pura alla fronte pura di lui. Don
Giuseppe non se n accorse: guardava sorridente il suo
Cristo.
In quell istante s udì un gran fracasso alla porta di ca-
sa, poi un passo incerto e pesante fece scricchiolare la
scala di legno, e il dottore, ubbriaco, entrò nella camera
sbattendo violentemente sugli stipiti l imposta
dell uscio. A quell urto i mobili oscillarono. Allora il
Cristo, perduto l equilibrio, precipitò a terra, rompen-
dosi in tanti pezzi. La testa rotolò in un angolo della
stanza; le braccia, le gambe, il torso, si sparsero qua e là;
il rosso del sangue pareva sgorgasse dalle membra
squartate. Il prete, avendo seguito con lo sguardo quella
distruzione, invaso da uno spavento infernale, stravolto,
contraffatto, orribile a vedersi, mandò un urlo che gli
spezzò il petto.
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Camillo Boito - Senso
Quando il medico, fetente di acquavite, s avvicinò al
letto, Don Giuseppe era morto.
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Camillo Boito - Senso
MACCHIA GRIGIA
Questa macchia grigia, ch io vedo dentro ai miei oc-
chi, può essere la cosa più comune della vostra scienza
oculistica; ma mi dà gran fastidio, e vorrei guarire. Esa-
minerete con i vostri ordigni eleganti, quando verrò co-
stà fra una quindicina di giorni, cornea, pupilla, retina e
il resto. Intanto, giacché la vostra amicizia mi sollecita,
vi descriverò, come posso, il mio nuovo malanno.
In mezzo alla molta luce ho la vista da lupo cerviere.
Il giorno nelle vie, la sera in teatro distinguo, cento passi
lontano, il neo sulla guancia di una bella donna. Leggo
per dieci ore di fila, senza stancarmi, il più minuto carat-
terino inglese. Non ho mai avuto bisogno di occhiali;
posso anzi imbrancarmi fra quegli animali di sì altera vi-
sta, che, come dice il Petrarca, incontro al sol pur si di-
fende. Non ho mai tanto amato il sole, quanto lo amo da
due mesi a questa parte: appena comincia l aurora, spa-
lanco le finestre e lo benedico.
Odio le tenebre. La sera, di mano in mano che cresce
l oscurità, si fa più intensa di contro a me, proprio nel
punto dove fisso gli occhi, una macchia color cenere,
mutabile, informe. Durante il crepuscolo o mentre
splende la luna, è pallidissima, quasi impercettibile; ma
nella notte diventa enorme. Ora è senza moto, sicché,
guardando il cielo nero, sembra uno squarcio chiaro a
lembi irregolari, come la carta dei cerchi da saltimbanco
quando v è passato in mezzo il corpo di pagliaccio; e si
crederebbe di vedere, attraverso a quel buco, un altro
brutto cielo di là dalle stelle. Ora s agita, s alza, s abbas-
sa, s allarga, s allunga, caccia fuori de tentacoli da poli-
po, delle corna da lumaca, delle zampe da rospo, diven-
ta mostruosa, gira a destra, poi rigira a sinistra, e va
intorno così delle ore furiosamente innanzi al mio sguar-
do.
Letteratura italiana Einaudi 51
Camillo Boito - Senso
Ho accennato a queste immagini tanto per procurare
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